La demenza giovanile (Young Onset Dementia, YOD), chiamata anche demenza precoce o demenza ad esordio giovanile, è una forma di demenza che può manifestarsi in persone relativamente giovani, tra i 30 e i 65 anni.

Tende a evolvere più rapidamente rispetto alle demenze tipiche della terza età, ed ha spesso un impatto devastante per i pazienti e le loro famiglie, perché colpisce persone che si trovano ancora in attività lavorativa, e che magari hanno delle responsabilità familiari da portare avanti.
Le cause della demenza giovanile
Tra le cause più frequenti della demenza giovanile c’è l’Alzheimer (15-40%), e nei giovani, sono le forme genetiche con trasmissione ereditaria ad essere molto comuni.
Le altre sono:
- Demenza frontotemporale.
- Malattie neurodegenerative rare (come la malattia di Huntington).
- Malattie vascolari che colpiscono il cervello (demenza vascolare precoce).
- Malattie metaboliche e autoimmuni.
- Patologie genetiche ereditarie.
- Traumi cranici ripetuti nel tempo.
Anche le forme secondarie di demenze sono comuni negli individui under 65 come: demenza alcol-correlata; demenza correlata all’HIV; demenza da trauma carnico, demenze dovute a cause metaboliche, neoplastiche, immunologiche, infettive, anche rare.
I sintomi della demenza giovanile
Chi è affetto da demenza giovanile può sperimentare alcuni sintomi come la difficoltà di concentrazione o memoria; avere cambiamenti repentini d’umore o comportamento; avere difficoltà a svolgere i compiti quotidiani abituali; avere problemi di comunicazione e linguaggio; vivere uno stato di disorientamento spazio-temporale e perdersi con facilità.
Inoltre, ne risentono anche le capacità e le prestazioni lavorative, oltre che le relazioni sociali.
Purtroppo, la demenza giovanile viene spesso diagnostica in ritardo perché i sintomi possono essere confusi come manifestazioni di altre patologie quali: depressione, ansia e stress e disturbi psichiatrici.
Demenza senile giovanile: la diagnosi
La diagnosi di demenza giovanile ( o precoce) è un percorso molto complesso che vede coinvolti neurologi e neuropsicologi. Solitamente inizia con un colloquio dettagliato che ripercorre la storia dei sintomi, seguita dalla valutazione di eventuali familiarità o patologie pregresse.
Si passa poi a una valutazione neuropsicologica approfondita con test cognitivi specifici per individuare eventuali deficit. Vengono eseguiti esami strumentali come la risonanza magnetica o la PET, che mostrano alterazioni cerebrali tipiche delle forme precoci di Alzheimer o delle demenze frontotemporali.
Se si sospetta familiarità, si eseguono altri test genetici mirati. Inoltre, sono necessari anche gli esami di laboratorio per escludere cause reversibili come patologie tiroidee e carenze nutrizionali.
Tutto questo percorso diagnostico serve a distinguere la demenza precoce da altre condizioni reversibili, come la depressione o lo stress, e a garantire al paziente un intervento terapeutico tempestivo e specifico.
Cosa mi fa la diagnosi?
- Anamnesi accurata (storia clinica del paziente).
- Valutazione psichiatrica e neurologica.
- Test cognitive: MMSE (Mini Mental State Examination); MOCA (Montreal Cognitive Assessment) e test specifici per memoria (Test di Rey), linguaggio (Boston Naming Test), attenzione e funzioni esecutive (Test di Stroop).
- Indagini di neuroimmagine: RM cerebrale, TAC, PET o SPECT.
- Test genetici per malattie ereditarie;
- Esami di laboratorio: emocromo, glicemia, funzione renale ed epatica, livelli di vitamina B12 e acido folico, esami tiroide (TSH, FT3, FT4), test sierologici per escludere malattie metaboliche e/o infezioni.
Trattamenti terapeutici
Il trattamento della demenza giovanile consiste in una serie di interventi per rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita del paziente.
La terapia farmacologica spesso è basata su farmaci come gli inibitori della colinesterasi (donepezil o rivastigmina) o la memantina, che aiutano a gestire sintomi cognitivi e comportamentali.
In parallelo, è possibile vengano prescritti trattamenti non farmacologici come la stimolazione cognitiva, la terapia occupazionale e la riabilitazione logopedica, importanti per preservare le funzioni residue.
Anche il sostegno psicologico è fondamentale, sia per il paziente che per i familiari ( o il caregiver) che se ne prendono cura, in questo senso, avere un aiuto professionale può rendere meno problematica la gestione quotidiana della malattia.